In tema di recesso del socio da una cooperativa edilizia di abitazione, spetta al Consiglio di amministrazione pronunciarsi con apposita delibera, in assenza della quale il socio ha diritto ad uscire comunque dalla società.Così si è pronunciata la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 17667 del 31.05.2022.
IL CASO
Il socio di una Cooperativa Edilizia ha presentato ricorso in Cassazione
Ciò in quanto la Corte d’Appello non aveva accertato il suo diritto alla risoluzione del rapporto associativo, con immediata annotazione della perdita della qualità di socio.
Si precisa che il socio aveva comunicato il suo recesso senza ricevere alcun riscontro. Tale comportamento, totalmente omissivo, contrastava con i principi di correttezza e buona fede e vanificava l’esercizio del diritto di recesso.
LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO
La dichiarazione di recesso del socio cooperatore deve essere comunicata alla società con lettera raccomandata che gli amministratori devono esaminare entro sessanta giorni dalla ricezione.
Se non sussistono i presupposti, gli amministratori devono darne immediata comunicazione al socio.
Il socio entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione, può proporre opposizione innanzi il tribunale.
Il recesso ha effetto per quanto riguarda il rapporto sociale dalla comunicazione del provvedimento di accoglimento della domanda.
IL RECESSO COME ATTO UNILATERALE RECETTIZIO
Il recesso, sia quando trovi la propria fonte nella legge, sia quando abbia natura convenzionale, costituisce un atto unilaterale
recettizio.
Esso costituisce manifestazione della volontà negoziale, la quale può legittimamente disciplinarlo attraverso clausole.
Tali clausole, volte a garantire il perseguimento dell’oggetto della società attraverso la conservazione dell’integrità della compagine sociale, attribuiscono all’organo amministrativo un potere discrezionale.
Il potere del consiglio di amministrazione, tuttavia, non può essere esercitato in modo arbitrario.
Né tantomeno può tradursi in un rifiuto di provvedere o in un diniego assoluto ed immotivato dell’approvazione.
Siffatto comportamento, oltre a contrastare con i principi di correttezza e buona fede comporterebbe una sostanziale vanificazione del diritto di recesso.
L’esercizio di tale diritto, ai sensi dell’art. 2437, comma 3, cod. civ. (applicabile anche alle società cooperative), non può essere escluso o reso eccessivamente gravoso.
Si tratta di un negozio unilaterale rispetto al quale la deliberazione del consiglio di amministrazione o dell’assemblea opera come condizione di efficacia.
LA PRONUNCIA DELLA CORTE
Tale impostazione non si discosta da altre pronunce rese dalla Corte che secondo cui contrasta con lo scopo mutualistico il recesso parziale attuato solo da coloro cui sono stati assegnati alcuni appartamenti, mentre la cooperativa è ancora impegnata nella costruzione e/o nell’assegnazione di altri alloggi.
Nella fattispecie considerata, invece, l’organo di amministrazione è stato completamente inerte.
La norma statutaria, invero, attribuisce all’organo amministrativo il potere–dovere di valutare, e quindi di approvare, o meno, le dichiarazioni di recesso comunicate dai soci.
E’ legittima la disciplina convenzionale che subordina il recesso a determinati presupposti o condizioni, tra cui l’autorizzazione o l’approvazione del consiglio di amministrazione o dell’assemblea dei soci.
Altrettanto incontrovertibile è il potere discrezionale di quegli organi, in relazione all’apprezzamento dell’interesse della società a perseguire l’oggetto sociale, raggiungibile o più agevolmente perseguibile se la compagine sociale resta integra o comunque non si modifichi sensibilmente.
Tale potere non è esercitabile, in caso di inerzia, da organi societari diversi da quelli a tanto deputati, né dal giudice, proprio perché riferito alla tutela dell’interesse della società, attribuito in via esclusiva all’organo ritenuto dal contratto sociale idoneo alle valutazioni necessarie.
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