La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16848 del 19.06.2024 è intervenuta in merito al diritto di un lavoratore di una cooperativa posta in scioglimento per atto dell’autorità di accedere al Fondo di Garanzia presso l’INPS.
IL CASO
la Corte d’Appello di Ancona ha riconosciuto ad un lavoratore il diritto di ottenere dal Fondo di Garanzia presso l’INPS l’importo delle ultime tre mensilità non corrisposte da una società cooperativa posta in scioglimento per atto dell’autorità ai sensi dell’art. 2545-septiesdecies del Codice Civile, sulla base di un verbale di accertamento ministeriale.
La Corte ha ritenuto che il procedimento di scioglimento e liquidazione, secondo l’art. 2545-septiesdecies c.c., presupponesse lo stato di insolvenza della società, individuato nel verbale di accertamento del Ministero. Tuttavia, l’INPS ha presentato ricorso contro questa sentenza per due motivi principali, contestando l’interpretazione della Corte d’Appello.
LA MOTIVAZIONE DEL RICORSO
L’INPS sostiene che la procedura di scioglimento per atto dell’autorità non presuppone necessariamente lo stato di insolvenza e non è equiparabile a una procedura concorsuale.
Pertanto, l’istituto contesta l’interpretazione della Corte riguardo il verbale di accertamento del 2013 come atto idoneo a determinare il termine rilevante delle ultime tre mensilità.
LA DECISIONE DELLA CASSAZIONE
Secondo l’art. 2 del d.lgs. n. 80/92, il Fondo di Garanzia copre i crediti relativi agli ultimi tre mesi di lavoro che rientrano negli ultimi dodici mesi antecedenti il provvedimento che avvia una delle procedure concorsuali specificate all’art. 1, come la liquidazione coatta amministrativa.
La questione centrale è se il provvedimento di scioglimento per atto dell’autorità di una cooperativa e la sua messa in liquidazione ai sensi dell’art. 2545-septiesdecies c.c. equivalga all’apertura di una procedura di liquidazione coatta amministrativa. La risposta della Corte è negativa. La differenza principale risiede nel fatto che l’art. 2545-septiesdecies c.c. non richiede lo stato di insolvenza, ma altri criteri come il mancato perseguimento dello scopo mutualistico o l’inattività della cooperativa.
L’atto primigenio di messa in liquidazione conseguente allo scioglimento non presuppone l’insolvenza, diversamente dall’art.2545-terdecies c.c., e quindi non è un atto di messa in liquidazione coatta amministrativa.
È a questa fase, come detto successiva al provvedimento di messa in liquidazione ex art.2545septiesdecies c.c., e in particolare alla domanda del p.m. o del commissario liquidatore, che va correlato l’art.2 d.lgs. n.80/92, quando parla di atto che apre la procedura di liquidazione coatta amministrativa. Questo perché la domanda e la sentenza del tribunale accertano, per la prima volta, lo stato di insolvenza che costituisce il rischio considerato dall’assicurazione sociale.
DIFFERENZE TRA LE PROCEDURE
In sintesi, la Corte di Cassazione ha stabilito che il provvedimento di messa in liquidazione non presuppone l’insolvenza, e quindi non può essere considerato alla stregua di una liquidazione coatta amministrativa.
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