Una associazione di promozione sociale (APS) aveva preso in locazione un locale a uso commerciale e lo aveva adibito, senza l’esecuzione di opere, all’esercizio di attività coerenti con i propri scopi statutari.
Il Comune ha appurato che i locali avevano una destinazione commerciale, mentre al loro interno viene svolta attività di natura religiosa.
Si configurava, quindi, un cambio di destinazione d’uso senza opere da attività commerciale a attività culturale – religiosa regolamentata dalla L.R. 12/2006, in assenza del prescritto titolo edilizio P.d.C. o S.C.I.A.
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3803 del 15.06.2020, ha stabilito che “In considerazione della meritevolezza delle finalità perseguite dalle associazioni di promozione sociale (APS), consente, dunque, che le relative sedi e i locali adibiti all’attività sociale siano localizzabili in tutte le parti del territorio urbano e in qualunque fabbricato a prescindere dalla destinazione d’uso edilizio ad esso impressa specificamente e funzionalmente dal titolo abilitativo”.
Infatti, l’art. 71, comma 1, del D. Lgs. 3/7/2017, n. 117 (analogamente a quanto stabiliva il precedente art. 32, comma 4, della L. n. 383/2000) prevede che: “Le sedi degli enti del Terzo settore e i locali in cui si svolgono le relative attività istituzionali, purché non di tipo produttivo, sono compatibili con tutte le destinazioni d’uso omogenee previste dal decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968 n. 1444 e simili, indipendentemente dalla destinazione urbanistica”.
Per il testo della sentenza si veda la sezione Giurisprudenza.
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