La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22688 del 25.09.2018, è tornata a chiarire i rapporti tra i rimedi che il socio lavoratore licenziato da una cooperativa può utilizzare a sostegno delle proprie ragioni. Nel caso di un socio lavoratore, escluso dalla cooperativa con propria delibera e, conseguentemente, licenziato dalla società, laddove non impugni
la delibera entro 60 giorni dalla comunicazione e, in giudizio, non esibisca documenti che chiariscano se si trattava di un provvedimento soggetto alla disciplina dell’art. 2533 cod. civ. e non piuttosto al regime generale di impugnazione dei licenziamenti vigente ratione temporis, il ricorso in Cassazione è inammissibile.
Inoltre, la cessazione del rapporto associativo trascina con sé ineluttabilmente quella del rapporto di lavoro. In questo senso l’art. 5 comma 2 della legge n. 142 del 2001 esclude che il rapporto di lavoro possa sopravvivere alla
cessazione di quello associativo. Le sezioni unite, con la sentenza n. 27436/2017, hanno posto l’accento sulla duplicità dell’apparato rimediale conseguente alla duplicità di rapporti cui può corrispondere la duplicità degli atti estintivi.
Ciascun atto colpisce, e quindi lede, un autonomo bene della vita, sia pure per le medesime ragioni: la delibera di esclusione lo status soci il licenziamento il rapporto di lavoro.
Per il testo della sentenza si consulti la sezione GIURISPRUDENZA.
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