I servizi di trasporto sanitario di urgenza ed emergenza possono essere attribuiti mediante convenzione, in via prioritaria, soltanto a organizzazioni di volontariato e non alle cooperative sociali che possono distribuire ai soci ristorni correlati alle loro attività.
Così si è pronunciata la Corte di Giustizia UE con la sentenza n. C213/2021 (ECLI:EU:C:2022:532).
IL CASO
Una azienda sanitaria provinciale ha indetto una procedura selettiva per l’affidamento, mediante convenzione, del servizio di trasporto sanitario d’urgenza ed emergenza ad organizzazioni di volontariato.
Una cooperativa sociale, ritenendo che il bando contenesse clausole non legittime che le impedivano di partecipare, ha proposto ricorso, prima dinnanzi al Tar e, poi, al Consiglio di Stato.
Il Consiglio di Stato ha sospeso il giudizio, sottoponendo la questione alla Corte di giustizia UE
LA NORMATIVA ITALIANA
L’articolo 57 del decreto legislativo n. 117/2017, intitolato «Servizio di trasporto sanitario di emergenza e urgenza», enuncia quanto segue:
«1. I servizi di trasporto sanitario di emergenza e urgenza possono essere, in via prioritaria, oggetto di affidamento in convenzione alle organizzazioni di volontariato, iscritte da almeno sei mesi nel Registro unico nazionale del Terzo settore, aderenti ad una rete associativa di cui all’articolo 41, comma 2, ed accreditate ai sensi della normativa regionale in materia, ove esistente, nelle ipotesi in cui, per la natura specifica del servizio, l’affidamento diretto garantisca l’espletamento del servizio di interesse generale, in un sistema di effettiva contribuzione a una finalità sociale e di perseguimento degli obiettivi di solidarietà, in condizioni di efficienza economica e adeguatezza, nonché nel rispetto dei principi di trasparenza e non discriminazione.
LA NORMATIVA COMUNITARIA
La direttiva UE 2014/24 esclude dal proprio ambito di applicazione gli appalti pubblici aventi ad oggetto servizi identificati, purché forniti da organizzazioni associazioni senza scopo di lucro, senza tuttavia chiarirne la nozione.
I considerando 28 e 118 della direttiva 2014/24 così recitano:
«(28) La presente direttiva non dovrebbe applicarsi a taluni servizi di emergenza se effettuati da organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro, in quanto il carattere particolare di tali organizzazioni sarebbe difficile da preservare qualora i prestatori di servizi dovessero essere scelti secondo le procedure di cui alla presente direttiva. La loro esclusione, tuttavia, non dovrebbe essere estesa oltre lo stretto necessario.
(118) Al fine di garantire la continuità dei servizi pubblici la presente direttiva dovrebbe prevedere che la partecipazione alle procedure di appalto per taluni servizi nei settori dei servizi sanitari, sociali e culturali possa essere riservata alle organizzazioni basate sull’azionariato dei dipendenti o sulla loro partecipazione attiva al governo societario e alle organizzazioni esistenti, quali le cooperative, per partecipare alla prestazione di tali servizi agli utenti finali».
LA DECISIONE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE
La direttiva 2014/24 circoscrive la nozione di organizzazioni senza scopo di lucro a quegli enti particolari che non perseguono alcun fine di lucro e che non possono procurare alcun utile neppure indirettamente ai loro membri.
La Corte di Giustizia ha ritenuto che rientrano in tale ambito le organizzazioni e associazioni che:
- hanno l’obiettivo di svolgere funzioni sociali;
- non hanno finalità commerciali;
- reinvestono eventuali utili al fine di raggiungere i propri obiettivi.
Gli utili, pertanto, devono essere destinati per realizzare la funzione sociale perseguita, escludendo che possono essere distribuiti agli associati ai componenti dell’organizzazione.
L’articolo 77 della direttiva 2014/24, invece, consente agli Stati di prevedere che le amministrazioni aggiudicatrici possano riservare ad organizzazioni il diritto di partecipare alle procedure per l’aggiudicazione di appalti pubblici esclusivamente per i servizi sanitari, sociali e culturali.
La riserva è consentita a favore di strutture i cui profitti sono reinvestiti al fine di conseguire l’obiettivo dell’organizzazione. Se i profitti sono distribuiti o redistribuiti, ciò dovrebbe basarsi su considerazioni partecipative.
Secondo i Giudici, quindi, Il legislatore comunitario ha differenziato le organizzazioni in due ambiti:
- le organizzazioni senza scopo di lucro, di cui all’art. 10, lettera h), della direttiva;
- le organizzazioni basate sul l’azionariato dei dipendenti o sulla loro partecipazione attiva al governo societario, di cui all’articolo 77 della direttiva.
Qualora i membri di un’associazione possano ottenere un’utile, anche indiretto, correlato alle attività, essa non può rientrare nell’ambito dell’articolo 10, lettera h).
La cooperativa attribuisce un vantaggio ai soci tramite il ristorno.
Questa possibilità di distribuzione degli utili impedisce la sua qualificazione come organizzazione senza scopo di lucro.
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